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28 luglio 2015 2 28 /07 /luglio /2015 11:04
il motore ad acqua è realtà, addio presto al petrolio.
il motore ad acqua è realtà, addio presto al petrolio.

il motore ad acqua è realtà, addio presto al petrolio.

È ormai realtà la moto (e l’auto) che utilizza l'acqua invece della benzina. La nuova invenzione presentata dal brasiliano Ricardo Azevedo.

Il brasiliano Ricardo Azevedo beve acqua potabile (foto a sinistra); poi la stessa acqua viene utilizzata per riempire la sua moto (foto a destra). La moto utiliza l’acqua invece della benzina!

Il brasiliano Ricardo Azevedo ha portato avanti il ​​progetto di Stanley Meyer ed ha costruito una moto che utilizza l’acqua invece della benzina! Con un litro d’acqua può percorrere ben 500 km!

Lo statunitense Stanley Meyer negli anni novanta aveva costruito una macchina che andava ad acqua; un’auto che utilizzava acqua invece della benzina. Su YouTube c'è un video sulla sua invenzione. Ulteriori informazioni di questa straordinaria invenzione si trovano nel sito web dedicato al Waterfuel cell, il motore ad acqua.

Nel 1995, Stanley Meyer costruì una macchina in grado di viaggiare 184 km con 4 litri di acqua; in seguito propose anche un apparato capace di trasformare una normale auto a benzina in un’auto ad acqua, con un modesto investimento di 1.500 dollari.

La sua invenzione ovviamente non piacque alle compagnie petrolifere ed una di queste gli offrì dei soldi per smettere di portare avanti il suo progetto di motore ad acqua. Stanley Meyer, però stava effettuando queste ricerche più che per i soldi, per aiutare l’umanità a liberarsi del petrolio e ridurre l'inquinamento ambientale. Questo era il suo vero fine e quindi non accettò i soldi. Alcuni mesi dopo, nel marzo 1998, Stanley Meyer venne ritrovato morto, avvelenato.

Ora il brasiliano Ricardo Azevedo ha ripreso e perfezionato lo studio di Stanley Meyer ed ha presentato al mondo la sua invenzione: una moto in grado di percorrere 500 km con un litro di acqua! Ciò significa che l’umanità è sulla buona strada per liberarsi dell'uso del petrolio e ridurre l’inquinamento ambientale. Ovviamente, per contro si tratta di un problema per i paesi produttori di petrolio e per il Venezuela.

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20 luglio 2015 1 20 /07 /luglio /2015 19:42
smontati i principi sulla relatività di Einstein

smontati i principi sulla relatività di Einstein

E'veronese l'erede di Marco Todeschini, l'ingegnere bergamasco Che ha smentito Una parte delle teorie di Newton e di Einstein. Mirco Gregori, ingegnere quarantaquattrenne montefortiano, e Il primo al mondo ad Aver replicato per pura passione il «motore impossibile» Che Dimostra Quanto SIA «relativa» la teoria della relatività Sulla quale si basa la fisica moderna. Sperimentazione Una, la sua, Che Rende Giustizia allo scienziato bergamasco, ne Riporta prepotentemente d'attualità le teorie e Che E destinata a riaccendere La Discussione Sulla finitezza della fisica classica e su tutto il Sapere Che, Secondo Gregori, sarebbe COSTRUITO su un assunto sbagliato . «Guardi qua: venire PUÒ Essere vera questa cosa?», Dice Gregori mettendo il dito sotto i cardini della relatività. Insomma, lo vedrebbe Anche un bambino delle scuole elementari Che la formula C = C + V non sta né in cielo né in terra, «perchè venire PUÒ Una cosa Essere Uguale a se STESSA Più Qualcosa d'altro, cioè, nel Caso SPECIFICO, il postulato della costanza della Velocità della luce? ». Tutto, per Mirco Gregori, è partito da qui, o meglio da Una Domanda Ancora Più Semplice: «Ma Sarà vero Che la luce ah Una Velocità e Che Sia la Massima raggiungibile, e Sara vero Che la terra galleggia nel vuoto?». Ce ne sarebbe Abbastanza per diventare matti, ma l'ingegner Mirco Gregori E un tipo a dir poco pragmatico. Anzi, Questo e il Suo marchio di fabbrica. Lo ha Imparato Dalla vita ad esserlo Quando, avviato una brillanti studi tecnici per via di un talento non comune per la meccanica e l'elettronica, Si e Trovato un interromperli un Quattordici anni per Andare a Lavorare. A dire il vero, Lavorare l'ha sempre Fatto perchè E Tra i carrelli dell'Officina del papà, storico meccanico a Costalunga, il Che ha Scoperto il Suo talento. Va un Lavorare, Mirco, ea vent'anni, Aiuto carrellista all'Aia, si Rivela: «Ci fu un Blocco tecnico paralizzò Che Tutta la Produzione. Mi feci avanti. Mi guardarono dubbiosi, ma alla multa mi dissero di sì: tolsi la scheda Che governava le macchine, ci lavorai un po 'e la Produzione ripartì ». Nulla di strano per UNO Che un Programmi 14 anni realizzava per ogni computer e si costruiva i videogiochi. Il signor Veronesi lo premia e Così Mirco, alle scuole serali, conquista la maturità da perito tecnico e telecomunicazioni. Il resto e Una corsa a perdifiato: a causa lauree, «ma basta Scrivere Che Sono dottore in scienze informatiche e C'è dentro tutto», e lo studio di sempre abbinato al lavoro. DOPO l'Aia C'è la Bauli e oggi Il Ruolo da responsabile dei servizi informativi di un colosso veronese della Grande Distribuzione Organizzata. «Ma sì, è Lavoro», taglia corto. «La Passione e altra cosa». Già, altra cosa, cioè Gli ultimi cinque anni di studio di tramezzi da Quelle Domande: «Ho Scoperto Nikola Tesla, il papà del Sistema Elettrico una Corrente alternata e delle onde radio. Così ho conosciuto e mi Sono innamorato di Todeschini ». Cerca e ricerca, studia e ristudia, Gregori incontra Fiorenzo Zampieri, il depositario di tutto Quello che Marco Todeschini ha scritto e Fatto Fino al 1988, anno della morte SUA. Tutto o quasi perchè la SUA Rivoluzionaria Invenzione, il «motore impossibile» Che Gregori ha replicato, E letteralmente svanito nel nulla. E si Capisce Anche il perchè, «Visto Che un MOLTI Scienziati che sì muovono con la mente libera, Che sperimentano e discutono il consolidato si CHIUDE la bocca. Antonella La figlia di Marco Todeschini, me lo ha said Tra le lacrime vedendo il motore impossibile in Funzione: a Lei e andata meglio Che annuncio Altri Congiunti di Scienziati perchè Le cose del padre stato Sono nascoste e non bruciate ». Ma torniamo un Zampieri Che negli occhi scuri di Gregori Vede Quella luce Che lo convince Che solista quell'ingegnere quarantenne fara rivivere Todeschini. Ecco perchè Gli Mette Nelle mani tutto. E Mirco Gregori studia. Poi, a causa fa anni, Trasforma tutto in Realtà fisica e costruisce pezzo per pezzo il motore, con l'Aiuto dell'amico Giancarlo. Ci Hanno provato in tanti, lui e Il primo un FARLO funzionare: «Semplice», Spiega, «Attraverso un moto rotatorio E possibile ottenere un moto rettilineo pulsato. La fisica non lo ammette, la Realtà sì », dice Mostrando Il Motore in Funzione. Per semplificare, il Senso e pressappoco this: a un'azione corrispondente frazione Una Reazione. Punto. Bene. Prima di Todeschini e Gregori la frase sarebbe continuata con la precisazione «Uguale e contraria». Sotto i Tuoi occhi, però, ti accorgi Che Non E COSI. Vieni si Spiega tutto cio? «ESISTE se concepiamo l'Esistenza dell'etere Che pervade il cosmo Intero. Ecco perchè, Diversamente da Quello che comanda la fisica classica, Quello che hai Visto adesso E Così Silla Non Solo Terra ». A Valsecca, il paese natale di Todeschini, nel Bergamasco, dove Gregori ha Presentato per la prima volta il motore, la gente piangeva. E lui, Dando voce un Todeschini, lo ha ribadito: «La forza non esiste ha, ë apparenza. La Massima Velocità raggiungibile Per una particella non ê limitata una Quella della luce, ma di gran lunga superiore ». E Così, col «motore impossibile», potrebbe saltar fuori also un modo per esplorare Vai Diverso il cielo.

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13 luglio 2015 1 13 /07 /luglio /2015 18:48
Il progetto realizzato nel laboratorio Vislab presso l'Università di Parma e subito acquistato dagli Americani.

Il progetto realizzato nel laboratorio Vislab presso l'Università di Parma e subito acquistato dagli Americani.

L’auto sulla quale stiamo viaggiando rallenta a un incrocio, lascia passare un’altra vettura e prosegue. Poco più avanti si ferma alle strisce pedonali per consentire a una coppia di anziani di attraversare, riprende velocità e si arresta davanti a un semaforo rosso. Al verde riparte, tiene la sinistra e poi svolta. Sembrano comuni fotogrammi di traffico cittadino. A renderli eccezionali è l’auto che ci scarrozza, un modello in grado di guidarsi da solo, senza che ci sia nessuno al volante.

Riconosce semafori e strisce pedonali, si tiene a distanza di sicurezza dalle altre vetture e rispetta il codice della strada. Il bello è che non si tratta della buffa, ma fantascientifica, vettura-robot presentata da Google qualche tempo fa, ma di una normale auto di serie modificata con un kit da installare in modelli già esistenti.

Per provarla, nessun volo transoceanico: è bastato venire a Parma, al Vislab, il laboratorio di tecnologia della visione ospitato dalla locale Università. Un piccolo gioiello della ricerca italiana che è diventato così prezioso e appetibile da venire acquistato da un'azienda californiana,Ambarella, quotata al Nasdaq e leader nel settore dello sviluppo di applicativi e soluzioni per la compressione di video e immagini di alta qualità

RECORD ITALIANO. Alla “vettura autonoma” quelli del Vislab stanno lavorando da almeno 20 anni: sono sempre loro che, nel 2010, erano riusciti nell’impresa di consentire a quattro furgoncini elettrici di “guidarsi” fino in Cina partendo dall’Italia. E che nel 2013 avevano allestito (col progetto Braive) la prima auto al mondo in grado di muoversi senza conducente nel traffico reale di una città. Ora ci mostrano l’ultima evoluzione del loro progetto, Deeva, un sistema che hanno installato su una berlina nera che troviamo nel parcheggio del laboratorio.

Sembra un modello normale, se non fosse per alcuni particolari, che si rivelano a un’occhiata più attenta, come un buon numero di oggetti misteriosi nascosti sotto le alette parasole e lungo la fiancata, una parabola integrata nel tetto e un bagagliaio affollato di cavi, pc e batterie.

L’idea alla base di Deeva è semplice ma, al tempo stesso, complessa. «Per funzionare», spiega Alberto Broggi, direttore del Vislab, «un’auto robotica deve possedere tre caratteristiche: la percezione, cioè la comprensione di quanto sta accadendo intorno; la capacità di prendere decisioni e, infine, il controllo».

Ho un cervello nel baule. Il punto di forza di Deeva, il sistema sviluppato dal Vislab di Parma, è che si può applicare a qualsiasi autovettura. Fra qualche anno potrebbe essere offerto come optional nei modelli di fascia medio alta. Il “kit di modifica” prevede batterie supplementari, pc di bordo, telecamere, sensori... eccoli nel dettaglio. Clicca sull'immagine per ingrandire l'infografica. | ROBERTO CACCURI/CONTRASTO PER FOCUS

OCCHIO AGLI OSTACOLI. Il Vislab è specializzato in tecnologie per la visione, quindi fin dall’inizio il suo punto di forza è stato la capacità di vedere l’ambiente, interpretarlo e trasformarlo in una mappa dettagliata. «Deeva adotta 13 coppie di telecamere dotate di visione 3D», spiega Paolo Grisleri, responsabile del progetto, «e in grado di individuare la posizione degli oggetti nello spazio». Alcune sono piazzate nel parabrezza e nella mascherina del radiatore e riescono a percepire tutto ciò che succede davanti al paraurti, in un raggio di 80 metri. Altre sono montate sulle fiancate, negli specchietti e in coda al veicolo, per tenere d’occhio quello che succede tutto attorno.

Alle videocamere si aggiungono 4 laser scanner che, spiega ancora Grisleri, «verificano i dati raccolti dalle telecamere e affinano la misura delle distanze degli oggetti».

Sul tetto, un’antenna gps ad alta sensibilità consente di captare il segnale satellitare anche dove esso è molto debole. E nelle situazioni in cui è impossibile agganciarlo, per esempio in galleria, subentra uno dei pc di bordo che, partendo dagli ultimi dati rilevati (posizione, velocità ecc.) calcola la nuova posizione del veicolo. «In realtà», osserva Broggi, «la dotazione di Deeva va oltre le necessità di un veicolo autonomo. Il nostro è un prototipo destinato alla ricerca, che sfruttiamo per test “estremi”. Ma un’auto di serie non avrà bisogno di tante telecamere».

Una delle fasi della “modifica” dell’auto: l’installazione dei pc di bordo nel bagagliaio. | ROBERTO CACCURI/CONTRASTO PER FOCUS

CAPACITÀ DI CALCOLO. Questo consente alla vettura di ricostruire, istante dopo istante, la realtà che le sta intorno: i bordi della strada e le sconnessioni, le altre auto, le persone e gli animali. La vista, però, non è tutto. Le immagini e le altre informazioni raccolte vanno infatti elaborate e tradotte in azioni da far eseguire all’auto. Per questo nel baule si trovano i 15 pc: tredici digeriscono i dati provenienti da ognuna delle coppie di telecamere, un computer sincronizza i dati di telecamere e scanner laser e l’ultimo pc fa da comandante. È lui che dà gli ordini al volante o ai pedali del freno e dell’acceleratore: li fa muovere davvero, come se ci fosse un conducente invisibile!

FACILE DA PRODURRE. «Deeva», spiega Broggi, «è la nostra idea di vettura autonoma. Un’auto come quelle di serie, modificata senza alterare l’estetica. È la strada che sarà seguita dalle grandi marche per sviluppare l’auto del futuro». Un concetto diverso da quello proposto da Google, che punta a rompere con gli schemi tradizionali con una vettura che è più un robot a 4 ruote. Ma il mondo dell’auto è ancora per le idee e le certezze consolidate, per questo sta riscuotendo successo la proposta di Vislab. Che ha stretto accordi con varie case automobilistiche e aperto un laboratorio col gruppo Magneti Marelli.

Il risultato è che, tra 4 o 5 anni, un sistema come Deeva potremmo ritrovarcelo nella lista degli optional proposti per le automobili di fascia medio alta. Questo ovviamente avrà senso se, nel frattempo, saranno stati modificati il codice della strada (che adesso impone un conducente in carne e ossa!) e le norme sulle assicurazioni (soprattutto per definire di chi sarà la responsabilità in caso di incidente. Del proprietario dell’auto? Del costruttore?).

Il team del Vislab (Artificial and intelligent system lab) fotografato nel laboratorio di Parma.

Nel comunicato pubblicato sul sito dell'impresa statunitense Ambarella che ha acquistato Vislab si fa riferimento alla supercar sviluppata dal team di Broggi come spin off dell'università di Parma, capace di percorrere 13mila chilometri in modo autonomo, arrivando sino in Cina. Gli americani hanno definito l'acquisizione un balzo in avanti di 20 anni in termini di ricerca e sviluppo. | ROBERTO CACCURI/CONTRASTO PER FOCUS

E SE DOMANI... Ma Broggi non ha dubbi: «Le automobili saranno prive di autista e si trasformerà anche il nostro modo di muoverci». Potremo dormire in viaggio e programmare gli spostamenti lunghi di notte, avremo vetture più comode, con veri e propri letti o concepite come salottini. «E non avremo più auto di proprietà », conclude Broggi, «perché quella robotica favorirà la diffusione del car sharing, con società di servizi che metteranno a disposizione i veicoli e si occuperanno della manutenzione»

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12 luglio 2015 7 12 /07 /luglio /2015 18:53
un comodo elettrodomestico ma pochi sanno come avviene la cottura dei cibi.

un comodo elettrodomestico ma pochi sanno come avviene la cottura dei cibi.

La cottura al microonde è simile, come principio, alla cottura che si può ottenere con la luce del sole. I raggi solari vengono assorbiti tantissimo dai corpi scuri – in particolare da quelli neri – che quindi si scaldano molto, ma vengono riflessi dai corpi bianchi, che si scaldano molto meno. Rispetto alla luce solare, le microonde hanno una frequenza molto inferiore e reagiscono in maniera diversa con la materia: non vengono assorbite dalla superficie dei corpi, ma penetrano all’interno. Nell’acqua, che è in assoluto l’ingrediente gastronomico che ne assorbe di più, riescono ad arrivare fino a tre centimetri di profondità, riscaldando tutto lo strato attraversato. Col forno a microonde, quindi, gli alimenti si scaldano subito anche in profondità, mentre con gli altri tipi di cottura il calore attacca la superficie e solo dopo si diffonde, lentamente, all’interno.
Per questo motivo con le microonde non si può ottenere uno strato esterno croccante, per il quale occorre disidratare l’alimento in superficie e non all’interno. L’effetto è possibile con la frittura o la cottura in forno molto caldo o alla brace. Al microonde, la pasta al forno non si può fare, e nemmeno il pane.
L’uso del forno a microonde richiede alcuni accorgimenti. Occorre evitare contenitori di metallo, sia perché riflettono le onde e quindi impediscono la cottura, sia perché se hanno spigoli vivi possono generare scintille potenzialmente pericolose. Contenitori in plastica, ceramica e vetro sono invece trasparenti alle microonde, che li attraversano senza scaldarli.
Non si devono cuocere le uova col guscio, così come le patate con la buccia senza avere l’accortezza di bucarla: le microonde riscaldano l’acqua all’interno, questa evapora e crea uno scompenso di pressione che fa esplodere l’involucro.
Attenzione infine se si vuole bollire l’acqua. Scaldando in modo uniforme, tra la superficie e la base del recipiente non si crea quella differenza di temperatura che in un tegame sul fornello provoca la risalita delle bolle. Si arriva invece a uno stato di calma apparente, detto metastabile: basta una piccola perturbazione, un movimento della mano o un granello di zucchero introdotto involontariamente, per innescare un’ebollizione improvvisa con fuoriuscita di bolle e rischio di ustioni.

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4 luglio 2015 6 04 /07 /luglio /2015 20:26
una invenzione di sicuro successo per la sua semplice genialità !

una invenzione di sicuro successo per la sua semplice genialità !

Mai più ombrelli rotti da buttare nel cassonetto della raccolta indifferenziata e mai più giornate rovinate dalla pioggia, o vestiti fradici: sta arrivando Ginkgo, l'ombrello iper resistente e riciclabile al 100%, perché realizzato interamente in polipropilene. Ve ne abbiamo parlato in un articolo che potete leggere qui, ma ora vi facciamo spiegare direttamente dai suoi ideatori come è nata l'idea e dove potremo acquistarlo. Parte infatti oggi lacampagna di crowdfunding su Indiegogo, attraverso la quale ognuno di voi avrà la possibilità di “contribuire” alla realizzazione del progetto pre-ordinando il proprio Gingko preferito.

Gianluca, Federico e Marco, 3 persone con un background abbastanza diverso: parlateci un po' di voi e di come siete diventati un team.

Tutto ha inizio con Federico, mente creativa, innovativa e per certi versi anche sognatrice, che è il vero ideatore del progetto. Designer attratto dalla voglia di realizzare e produrre le proprie intuizioni, è da sempre stimolato dall’idea di coniugare funzionalità ed estetica con i temi di eco-sostenibilità e rispetto per l’ambiente. Si deve alla sua tenacia e alla sua genialità lo sviluppo e la creazione dei primi prototipi.

Poi arriva Gianluca, ingegnere meccanico e laureando in ingegneria meccatronica. Colui che, sfruttando i principi della fisica e applicando le regole della meccanica ai disegni e ai prototipi esistenti, ha rivoluzionato, almeno in parte, il progetto iniziale. Si deve a lui l’introduzione di alcune soluzioni tecniche che hanno permesso all’idea di trasformarsi in un oggetto perfettamente funzionante.

Infine Marco, ingegnere gestionale e già imprenditore, che grazie alla sua esperienza è riuscito, nel giro di poco tempo, a creare una struttura organizzativa funzionante oltre che ad allacciare i rapporti con i diversi fornitori e a sviluppare i primi contatti commerciali. La sua caparbietà ha portato il progetto dov’è adesso. Ad un passo dalla realtà.

Questi diversi background, nonché le differenti personalità che abbiamo, uniti però dalla voglia e dalla passione comune nello sviluppare soluzioni innovative e rispettose dell’ambiente, ci hanno portato il 14 dicembre del 2012 a far nascere la Ginkgo Srl.

Com'è nata l'idea e il nome di Ginkgo?

L’idea di creare un ombrello resistente e flessibile ma allo stesso tempo riciclabile nasce innanzitutto da una considerazione “ambientale”: il fatto che ogni anno più di 1.000.000.000 di ombrelli vengano persi, rotti e gettati e che con l’ammontare totale di ferro sarebbe possibile costruire più di 25 Torri Eiffel ci ha fatto riflettere.

E ci ha fatto riflettere anche il fatto che prendendo tutte le cover, che ricordiamo essere in poliestere, materiale il cui tempo di smaltimento è dell’ordine dei 1000 anni, sarebbe possibile coprire una superficie equivalente alla città di New York.

A questi aspetti si è unita la considerazione “funzionale”: i diversi materiali utilizzati rendono i tradizionali ombrelli non sufficientemente flessibili per sopportare urti e vento senza deformarsi o rompersi. L’elevato numero di componenti, poi, oltre a comportare una bassa affidabilità dell’oggetto nel suo complesso, fa sì che risulti, di fatto, impossibile da riciclare.

Ma ciò che ha fatto scaturire tutto, la vera “scintilla”, risale a circa 3 anni fa ed è da attribuire alla ragazza di Federico, il Designer; dopo l’ennesimo ombrello rotto durante una delle tante giornate di pioggia, al rientro a casa e completamente bagnata, ha esclamato: “bisognerebbe inventare un ombrello fatto di plastica”. E così è stato.

Da quel giorno si sono susseguite una serie di “invenzioni” e di “rivoluzioni” fino ad arrivare a quello che è oggi Ginkgo: un ombrello robusto, colorato, flessibile ed affidabile ma soprattutto completamente riciclabile.

Per quanto riguarda il nome e il logo, invece, abbiamo pensato servisse qualcosa di breve e di impatto, che facesse scaturire curiosità, che contenesse, a livello di forma, un esplicito riferimento all’ombrello e che trasmettesse all’interlocutore quell’aspetto di eco-sostenibilità che da sempre fa parte della nostra visione delle cose. Da qui Ginkgo, dalla pianta del Ginkgo Biloba le cui foglie hanno un verde intenso e la “naturale” forma del parapioggia.

Perché avete scelto proprio il polipropilene per la sua realizzazione? E in che cosa Ginkgo è differente dagli altri ombrelli?

Innanzitutto perché il polipropilene è uno dei materiali plastici di uso comune più diffuso; sono svariate le sue attuali applicazioni: dal bicchiere alla custodia dei CD, dalla sedia al cruscotto per automobili. E’ un materiale che ha caratteristiche fisiche e meccaniche tali da renderlo particolarmente adatto per le nostre necessità, riuscendo a garantire al tempo stesso robustezza e flessibilità. E poi perché è riciclabile al 100%!

Ginkgo è stato progettato per essere realizzato interamente in polipropilene; dalla tela al manico, ogni singolo elemento è fatto con questo materiale.

La particolare geometria brevettata consente, per esempio, ai braccetti di essere realizzati in un unico pezzo, mediante il processo di iniezione in stampi. Siamo così riusciti a diminuire notevolmente il numero totale di componenti, passando dagli oltre 120 degli attuali ombrelli tradizionali ai 20 di Ginkgo. E questo ha portato ad un aumento dell’affidabilità del prodotto nel suo complesso. Perché come insegna Henry Ford: “non si può rompere quello che non esiste”.

In cosa consisterà esattamente la campagna di raccolta fondi su Indiegogo?

Il crowdfunding, meravigliosa invenzione del mercato statunitense, fino a poco tempo fa assolutamente sconosciuto al pubblico italiano, altro non è che una metodologia mediante la quale gli ideatori di un progetto cercano finanziatori per poter realizzare concretamente, o come nel nostro caso finire di sviluppare, la propria idea.

Per il nostro progetto abbiamo scelto una delle più importanti piattaforme web esistenti: Indiegogo. In sostanza, iscrivendosi a questa piattaforma, gli utenti avranno la possibilità di “contribuire” pre-ordinando il loro Gingko preferito che poi gli verrà recapitato direttamente all’indirizzo fornitoci; mediante un’applicazione web appositamente sviluppata (www.ginkgoumbrella.com/widget), potranno inoltre scegliere il colore del loro ombrello tra i 14 disponibili, selezionare una delle combinazioni ideate del Designer e crearne di nuove e assolutamente uniche. Perché sotto la pioggia, un po’ di colore può fare la differenza!

Quando potremo trovare Ginkgo in commercio? Avete già pensato a una fascia di prezzo?

Contiamo di poter partire con la produzione in serie entro la fine dell’anno. Pertanto siamo confidenti che vedrete Ginkgo già tra un anno. Ma per ovviare a questa lunga attesa, potreste approfittare della campagna di raccolta fondi ed essere i primi ad avere il nostro rivoluzionario ombrello.

Per quanto riguarda il prezzo, adesso è ancora presto per svelarlo. Ma vi assicuriamo che sarà concorrenziale.

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20 maggio 2015 3 20 /05 /maggio /2015 19:04
La memoria dell'acqua

Per memoria dell'acqua si intende la possibilità dell'acqua, in forma liquida, di mantenere una “impronta” delle sostanze con cui è venuta in contatto.
Fu l’immunologo francese Jacques Benveniste a pubblicare nel 1988, sulla prestigiosa rivista internazionale “Nature”, i risultati di rivoluzionari esperimenti che dimostravano come l’acqua fosse capace di mantenere unamemoria/informazione di sostanze in essa disciolte o diluite; tali risultati non solo avrebbero potuto fornire una base scientifica ai principi della medicina omeopatica ma, soprattutto, avrebbero scardinato consolidate conoscenze di fisica, chimica e medicina, costringendo ad una revisione e riscrittura di più nozioni.
Nonostante la bocciatura della comunità scientifica, le ricerche iniziate da Benveniste e dai gruppi da lui capitanati proseguirono, incoraggiate dalla curiosità e la voglia di approfondire sia di scienziati italiani che di personalità illustri del mondo della scienza (quali il premio Nobel Luc Montagnier).

Le basi fisico-chimiche della memoria dell’acqua
Tutti gli organismi viventi irradiano un debole ma permanente flusso di radiazione elettromagnetica la cui intensità spazia dalla luce visibile all'ultravioletto. Queste emissioni di energia avvengono a livello cellulare e, essendo portatrici di informazioni, secondo il biofisico di fama mondiale Fritz Albert Popp, non solo regolano la crescita e la rigenerazione delle cellule e ma ne controllano anche tutti i processi biochimici.
Una prima evidenza scientifica a questa teoria fu data da un medico italiano, il dottor Sergio Stagnaro, intorno al 2007. Egli combinò un raffinato e preciso metodo di investigazione clinica, studiato e messo a punto da lui stesso, la semeiotica biofisica quantistica (SBQ), con i più innovativi strumenti della nanotecnologia, in grado di captare e ritrasmettere i biofotoni emessi a livello cellulare. Il dottor Stagnaro dimostrò che, nei sistemi biologici, molecole come ormoni e neurotrasmettitori, considerati dei messaggeri chimici, agiscono mediante un principio di Energia-Informazione (EI), ossia veicolano radiazioni elettromagnetiche intrise di informazione qualitativamente importante. Questi lavori erano perfettamente coerenti e in sintonia con gli studi dello scienziato russo Petar Gariaev sulla genomica ondulatoria, che trovarono un riscontro sperimentale sia dallo stesso scienziato russo, sia dai ricercatori della SBQ.
Gariaev ipotizzò e confermò che il genoma umano è una struttura tridimensionale in continua rotazione in grado di ricevere e trasmettere radiazioni elettromagnetiche. Esso cioè si comporterebbe come una rice-trasmittente.
Tutte le radiazioni elettromagnetiche viaggiano da strutture trasmittenti (come i neurotrasmettitori e gli ormoni) verso delle strutture riceventi (come il DNA). Questo significa che nei sistemi biologici la trasmissione della EI avviene, oltre che attraverso canali usuali come il sistema linfatico, il sistema sanguigno, quello nervoso ed altri, anche per bio-risonanza, sfruttando sia le proprietà del DNA di comportarsi come antenna che dell’ampia gamma di trasmettitori e ricettori di cui sono dotati i sistemi biologici. E l’acqua in tutto questo cosa c’entra?

Cos’è la memoria dell’acqua?

Ebbene, per l’acqua non si parla di EI piuttosto di Memoria-Informazione (MI) ossia:
1) l'acqua agisce come un recettore, essendo in grado di ricevere le frequenze d'onda e di memorizzarle (memoria);
2) l'acqua agisce come trasmettitore, trasmettendo le frequenze delle onde memorizzate (informazione).
Queste caratteristiche biofisiche, chimiche ed elettro-magnetiche dell’acqua sono state messe in evidenza da esperimenti indipendenti l’uno dall’altro, che confermano il contributo di Beneviste.
Fu Luc Montagnier, Premio Nobel per la medicina, a confermare l’emissione di onde a bassa frequenza (EMS) in alcune diluizioni di filtrati provenienti da colture di microorganismi (virus, batteri) o dal plasma umano infettato dagli stessi agenti patogeni.
Essendo la dimensione delle strutture che generano le EMS molo piccole, ciò ha giustificato la loro denominazione di “nanostrutture”.
Gli studi seguenti fecero presupporre a Montagnier e ai suoi collaboratori come potesse essere l’organizzazione dell’acqua a spiegare tutto. L’acqua non solo è in grado di interagire con le molecole disciolte in essa, stabilizzandole, ma le stesse molecole di acqua possono formare aggregati o polimeri (strutture comunque piuttosto labili).
Fu poi Emilio del Giudice, scienziato di fama internazionale, e il suo gruppo di lavoro, a proporre e mostrare come l’acqua potesse organizzarsi in domini di coerenza, con la dimensione di nanostrutture ed in grado di autorigenerarsi e mantenersi con l’emissione di onde elettromagnetiche.
I Domini di Coerenza sono il risultato della capacità di aggregazione e cooperazione per una finalità che i campi elettromagnetici informati hanno di organizzarsi in strutture complesse. Emilio del Giudice capì come l’acqua, che è il miglior solvente universale, fosse in grado di memorizzare le informazioni ricevute dai soluti con i quali entrava a contatto, aggregandoli in gruppi di molecole chiamate ”bioclusters” (domini di acqua corrente dotate di un proprio Campo Elettro Magnetico, CEM) attraverso il quale avviene un continuo scambio di informazione.
Emilio dal Giudice condusse, assieme a Giuliano Preparata, le ricerche sul fenomeno della memoria dell’acqua nell’ambito della CQED (elettrodinamica quantistica coerente). Secondo questa teoria esistono domini di coerenza nell’Universo, in grado di allineare i campi elettromagnetici. Questo potrebbe rappresentare un fondamento scientifico alla dinamizzazione omeopatica (lo scuotimento del prodotto omeopatico diluito per almeno 100 volte in senso verticale, con movimenti netti, veloci e di breve distanza) poiché le molecole di acqua conserverebbero una geometria molecolare correlata agli elementi chimici con cui entrano in contatto. Questi domini di coerenza hanno una dimensione di decine di micron, in cui milioni di molecole oscillano all'interno di un campo elettromagnetico di tipo coerente,.

I messaggi dell’acqua
Recenti esperimenti condotti da Germanov e altri ricercatori SBQ nel 2011 mostrano risultati molto interessanti: sostanze chimiche di natura organica e non organica, nonché molecole biologiche e composti organici complessi emettono, rispettivamente, singole frequenze elettromagnetiche o uno spettro di frequenze che corrisponde a quelle delle sostanze contenute.
La memoria-informazione dell’acqua può inoltre essere sfruttata per energizzare l’acqua con un dispositivo in grado di catturare le frequenze di farmaci per poi ritrasmetterle nell'acqua. Questo può aprire nuove prospettive nell’uso di farmaci con gli stessi risultati terapeutici ma limitando i loro dosaggi.
Inoltre, gli stessi fluidi biologici umani (sangue, urine, ecc), emettono segnali che caratterizzano lo stato del corpo e riflettono l’attività della coscienza umana. È stato il giapponese Masaru Emoto a sostenere come la coscienza umana avesse un effetto sulla struttura molecolare dell’acqua.
Dal 1999 Emoto ha pubblicato diversi volumi di un lavoro dal titolo “I messaggi dall’acqua”, contenenti fotografie di cristalli di acqua esposti a variabili diverse e successivamente congelata, in modo da formare strutture cristalline. Dall’osservazione delle fotografie si evince come parole, preghiere, musica e ambiente esercitino un vero e proprio effetto fisico sulla struttura cristallina dell'acqua, modificando la semplice struttura di base esagonale dei cristalli di ghiaccio di acqua non condizionata (tra l’altro dispersi in modo caotico), nelle strutture belle e raffinate, disposte in modo armonico e simmetrico, dei cristalli di ghiaccio di acqua “informata”.
Seguendo le ipotesi del ricercatore giapponese la SBQ ha creato un interessante test per verificare l’ipotesi di interazione tra la MI dell’acqua e la musica con il risultato che la musica energizza effettivamente l’acqua. Questa evidenza sperimentale apre nuove prospettive sulla musicoterapia e le sue applicazioni per l'autismo infantile, il ritardo mentale, le disabilità, la sindrome di Alzheimer e altri disordini cerebrali, come psicosi, i disturbi dell'umore e i disordini somatoformi (in particolare la sindrome di dolore cronico), la sindrome da stanchezza cronica (CFS) e i disturbi alimentari (anoressia nervosa). Si può attribuire, in questo modo, anche un nuovo risalto all'interpretazione del risveglio da coma grazie all’ascolto di musica e canzoni.

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20 maggio 2015 3 20 /05 /maggio /2015 10:45
Curarsi con l'acqua di mare

Si può assumere l’acqua di mare per via orale o tramite iniezione. Tuttavia procurarsi tale elemento non è semplice; sono richieste competenze, cautela e attrezzature apposite. L’acqua di mare presenta diversi tipi di composizione, a seconda della distanza dalla costa, del clima e della vegetazione marina, e non può essere prelevata a caso. Nel corso dell’intero processo dall’oceano alla bottiglia l’acqua di mare non può venire a contatto con metallo; deve essere preservata fredda, poiché il calore ne vanifica le corroboranti proprietà viventi. Deve essere trasportata e conservata in contenitori di vetro o di plastica per uso alimentare; quindi deve essere controllata e purificata a freddo, secondo una modalità che la protegga da alterazione e mantenga il suo stato di soluzione viva. (Per ulteriori dettagli sull’argomento, vedere la pagina webhttp://www.truthquest2.com/oceanplasma.htm.)

Nel suo stato originario e primitivo l’acqua di mare presentava solo un terzo del contenuto salino attuale, un aspetto tuttora rispecchiato dal contenuto salino di sangue e lacrime. Nel corso del tempo gli oceani sono diventati più concentrati ed ora le loro acque sono troppo salate per essere ingerite in grandi quantitativi. Per utilizzare l’acqua oceanica come plasma sanguigno essa deve essere diluita con acqua ultra-pura sino a raggiungere la medesima concentrazione del plasma stesso: nello specifico, nove grammi di sali per litro. Posto che i fruitori non presentino sensibilità al sodio, come perfetto integratore di minerali può essere consumata oralmente in forma diluita o concentrata – ma solo in piccole quantità, ad esempio un’oncia [0,03 litri] alla volta, se necessario più volte al giorno.
Ad ogni modo, è estremamente importante diluirla con pura acqua sorgiva ad uso domestico, dato che, in base a determinati studi, l’acqua additivata con cloro ha sull’acqua oceanica il medesimo effetto dannoso che ha sull’organismo umano. I Francesi seguono la prassi corretta: invece di aggiungere alla loro acqua potabile additivi (di scarsa qualità), la integrano con ozono.

Per la scienza moderna le precise proprietà dell’acqua di mare restano un mistero. Nonostante la nostra grande competenza tecnica, la natura complessiva dell’acqua di mare sfugge all’analisi. Essa presenta alcune qualità viventi che superano la somma delle sue parti; non è possibile prosciugarla e ricostituirla o sintetizzarla in un laboratorio chimico. Il grande scienziato francese Antoine Béchamp considerava il sangue come una sorta di tessuto fluido piuttosto che un semplice elemento liquido.
Inoltre l’acqua di mare ha qualcosa che la rende superiore alla “semplice acqua”. Sostiene la vita, come ha dimostrato il premio Nobel Alexis Carroll, il quale per oltre 26 anni ha tenuto in vita immerso in acqua di mare un pezzo di cuore di pollo, con l’unico accorgimento di sostituire quotidianamente il liquido per eliminare le scorie metaboliche.
In realtà, si potrebbe di fatto affermare che abbiamo interiorizzato l’oceano dentro di noi e che questo medium ricco di sostanze nutritive è la sorgente della vita; ogni cellula dell’organismo è immersa e si alimenta in essa. L’acqua raccoglie e porta via i prodotti di scarto del metabolismo cellulare; ha una forza vitale – diversa da quella della soluzione salina presente negli appositi sacchetti degli ospedali, la quale non è altro che una soluzione di sale alimentare da tavola e semplice acqua. Il sale da tavola raffinato ha ben poche corrispondenze con il sale marino grezzo, non raffinato e ricco dei minerali che dovremmo utilizzare, e il nostro organismo ne paga le conseguenze.

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18 maggio 2015 1 18 /05 /maggio /2015 08:41
Ma questo reddito di cittadinanza è fattibile?

Tecnicamente, e secondo la definizione stessa della parola, il "reddito di cittadinanza" dovrebbe essere un reddito universale di esistenza, conferito ad ogni cittadino sin dalla nascita, indipendentemente dalla sua condizione reddituale o salariale: un reddito che può sostituire o affiancare il salario quindi, eliminando ogni altro contributo assistenziale. Così questa proposta è stata concepita inizialmente in Italia da Nicolò Giuseppe Bellia, poi ripresa anche dal prof. Giacinto Auriti, da Domenico De Simone e da altri studiosi di dinamiche monetarie e sostenitori della proprietà popolare della moneta all'atto dell'emissione (da parte statale, senza debito pubblico). Una proposta di reddito universale di cittadinanza, anche se non accompagnata dall'emissione popolare della moneta, è stata presentata in Svizzera nel 2013, dove sarà presto o tardi sottoposta a referendum.

In realtà, però, la proposta di "reddito di cittadinanza" del Movimento 5 Stelle è ben altra cosa. Infatti, questa non prevede l'erogazione mensile di un reddito per ogni cittadino, bensì l'introduzione di una forma di sostegno al reddito in assenza di lavoro o sotto una soglia determinata di povertà. La cifra, ribadita anche dal vicepresidente della Camera e deputato M5s Luigi Di Maio, è di 780 euro, soglia non trattabile per i parlamentari pentastellati e definita dall'Unione Europea.
In un'intervista al Corriere della Sera del 4 marzo, Grillo così parlava del "reddito di cittadinanza" proposto dal suo movimento:

«È destinato a chi perde il lavoro, a chi non lo raggiunge. Sono 780 euro al mese, ma varia a secondo del numero dei componenti familiari. Penso a una coppia con figli, lei casalinga: gli si potrà garantire 1.200-1.300 euro. Nel frattempo chi ne usufruisce segue un percorso con lo Stato. Gli si offrono due-tre lavori, se non li accetta, perde il reddito. Cambierà anche il rapporto con lo Stato, i sindacati, le imprese: un conto è che puoi licenziare con il Jobs act che si abbatte come una scure con alle spalle il reddito di cittadinanza, un altro conto senza. Dobbiamo tenere presente una cosa: in Italia solo il 40% delle persone ha un reddito da lavoro, il 30% sono figli, persone a carico, il 20% vive da reddito indiretto - con le pensioni - e il 10% con i sussidi».

In queste ore, anche il Presidente della Lombardia Roberto Maroni ha annunciatol'introduzione di una forma simile di sostegno al reddito nella propria regione, utilizzando 220 milioni di euro destinati dal Fondo Sociale Europeo alla "lotta contro la povertà".

Dare un reddito a tutti o dare un reddito "ai poveri" fa la differenza. È la differenza tra mettere in discussione la distribuzione della ricchezza eliminando alla base il cancro dell'emissione a debito della moneta da parte di banche private, oltre che del prestito ad interesse e della riserva frazionaria, e invece lasciare libero il cancro di intaccare definitivamente l'organismo limitandosi ad alleviare i sintomi della malattia. Che non si sa mai, il malato possa trarre insegnamento dal suo male per guarire davvero. Se prendiamo ad esempio la proposta di Bellia, scopriamo qualcosa di molto diverso. Già nel suo libro La via di uscita del 1979, questi proponeva l'eliminazione di ogni forma di tassazione e la sua sostituzione con un piccolo prelievo (ad es. dell'8%) sulla massa monetaria nazionale, chiamata "fiscalità monetaria" (anziché reddituale) perché avviene tramite la datazione della moneta.

L'eliminazione delle tasse permetterebbe un aumento significativo del potere d'acquisto della moneta, poiché i prezzi dei beni e dei servizi non sarebbero più gravati dal loro costo e il denaro potrebbe circolare liberamente. La decurtazione ottenuta attraverso la fiscalità monetaria, che anziché gravare sui prezzi sottrae una piccola percentuale di denaro nel tempo per evitarne l'accumulo in quantità eccessive (che minerebbero, come fanno oggi, la libertà della società con la creazione di ampie disuguaglianze e di molto potere in mano a pochi) ha come contropartita l'introduzione di un dividendo universale per ogni cittadino: la moneta decurtata attraverso la datazione viene ridistribuita matematicamente tra tutti i cittadini, ovvero i componenti della comunità a cui la moneta è stata prelevata. Questa contropartita, che permette un costante flusso di moneta, senza creare forme di assistenzialismo e al contempo senza rimanere nel recinto dell'obbligo del lavoro, è appunto il "reddito di cittadinanza". In pratica, la moneta che viene sottratta alla massa monetaria rientra nella forma di un reddito universale, che può sostituire o affiancare un reddito lavorativo. Le possibili conseguenze sociali di una tale riforma le ho spiegate nell'articolo Una rivoluzione possibile e più approfonditamente nell'articolo Uscire dalla crisi con un salto evolutivo.

Alla proposta di Bellia si ispirò l'onorevole Teodoro Buontempo (AN, poi La Destra), una cui proposta di legge del 2005 prevedeva l'istituzione di un conto corrente per ogni cittadino presso la Banca d'Italia, dove versare i proventi del signoraggio sull'emissione della moneta.

Nulla di ciò nella proposta del Movimento 5 Stelle, che si adegua semplicemente alla richiesta europea (formulata anche da Junckerprima di diventare Presidente della Commissione UE) di un reddito minimo garantito in ogni paese europeo. L'Italia, tra i pochi paesi UE a non prevedere una forma di sostegno al reddito di questo tipo, ha demandato alle Regioni questa possibilità, e quindi… et voilà, la proposta di Maroni. D'altronde, l'attuale governatore lombardo in più occasioni ha affermato di essere a favore di una una Europa delle Regioni e non degli Stati pensata su base federale (in cui siano le Regioni, quindi, a farsi portavoce di Bruxelles sul territorio, senza gli stati nazionali e le province). Una visione che accomuna l'ex segretario leghista allo stesso Movimento 5 stelle, che dalla Lega ha mutuato l'interesse per la creazione delle macro-regioni.

Tornando a noi, se reddito di cittadinanza, o "assegno universale di disoccupazione" come lo definisce il PD, sarà, nulla avrà a che fare con l'iniziale idea di Bellia e di Auriti, che Grillo conosce. Non solo per il famoso spettacolo "Apocalisse morbida" in cui il Beppe spiegava il funzionamento della leva finanziaria e del signoraggio, ma anche perché diversi esponenti del Movimento 5 stelle (oltre a Grillo stesso) conoscono bene la proposta di Bellia. Non da ultimo, l'attuale vice-presidente del gruppo "Europa della Libertà e della Democrazia Diretta" al Parlamento Europeo, il veneto David Borelli, che ha partecipato come relatore ospite al "Festival Nazionale dell'Antropocrazia" che si è tenuto a Montegrotto Terme (Pd) il 21 e 22 settembre 2013. In quell'occasione, la rappresentanza del Movimento 5 stelle è stata contestata da una parte del pubblico presente, soprattutto dopo che Borelli ammise di non poter prendere in considerazione la proposta di Bellia, perché in Italia il Parlamento è troppo impegnato a fare altro e sommerso di leggi per pensare a una riforma così radicale (un po' come dire, da parte di un oncologo: sono troppo impegnato nella chemioterapia per prendere in considerazione altre soluzioni terapeutiche).

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15 maggio 2015 5 15 /05 /maggio /2015 19:14
Cosa si può capire da una una stretta di mano?

Ciascuno di noi, nel corso della vita, lo fa almeno 15.000 volte e, nel 70% dei casi, sul più bello, ha qualche dubbio: lo sto facendo nel modo giusto? E se a lui/lei non piace? Che impressione avrà di me?
Stiamo parlando della stretta di mano, suggello di trattati di pace, di amicizie sempiterne e di affari più o meno importanti. Secondo i ricercatori il 20% delle persone odia dare la mano agli altri e ciò li spinge a farlo in modo forzato e sgradevole: palmi sudaticci, prese scivolose come anguille o sonore stritolate della mano altrui sono gli errori più comuni che, soprattutto ad un primo incontro, possono guastare l’immagine che si trasmette all’interlocutore.

Matematicamente infallibile
Ma la soluzione è, finalmente, a portata di mano nel vero senso della parola: Geoffrey Beattie, responsabile del corso di Scienze Psicologiche all’Università di Manchester (UK) ha sviluppato infatti sviluppato la formula della perfetta stretta di mano (PH)

Le variabili hanno il seguente significato

(e) è il contatto visivo (1=nessuno; 5=diretto; 5=risposta migliore)
(ve) è l’approccio verbale (1=totalmente inappropriato; 5=del tutto appropriato; 5=risposta migliore)
(d) è il sorriso di Duchenne – sorridere con gli occhi e la bocca in modo simmetrico (1=sorriso falso; 5= sorriso di Duchenne; 5=risposta migliore)
(cg) indica la completezza della stretta (1=del tutto incompleta; 5=stretta piena; 5=risposta migliore)
(dr) è la secchezza della mano (1= mano spugnata alla Fantozzi; 5= mano asciutta; 4=risposta migliore)
(s) misura la forza della stretta (1= debole; 5=forte; 3=risposta migliore)
(p) è la posizione della mano: (1=eccessivamente trattenuta verso se stessi; 5= spavaldamente protesa verso l’interlocutore; 3=risposta migliore)
(vi) indica il vigore (1=troppo alto/troppo basso; 5=giusto vigore;3=risposta migliore)
(t) è la temperatura delle mani (1= troppo calda/fredda; 5= giusta;3=risposta migliore)
(te) misura la consistenza della mano (1=troppo grande/piccolo; 5= giusta; 3=risposta migliore)
(c) indica il controllo del gesto (1=basso; 5=alto; 3=risposta migliore)
(du) è la durata della stretta (1= breve; 5=lunga; 3=risposta migliore)

Insomma: se quando date la mano a qualcuno guardate per terra dicendo sciocchezze, e oltrettutto avete la mano fredda, molliccia e umida, difficilmente trasmetterete al vostro interlocutore una buona impressione.
«La stretta di mano è uno degli elementi cruciali nei rapporti interpersonali e nella formazione della prima impressione su qualcuno. Rivela rapidamente aspetti importanti sulla personalità di chi abbiamo di fronte: se è troppo soft indica insicurezza, mentre una stretta troppo breve può essere indice di arroganza» afferma Beattie.

Stringere… per vendere
Ma allora, come è fatta la stretta perfetta? Le regole sono le stesse per uomini e donne: si offre all’altro la mano destra, con una stretta ferma ma non eccessiva, in un punto che si colloca a metà strada tra noi e chi abbiamo di fronte. Il palmo deve essere asciutto e fresco e le mani strette si devono scuotere 3 volte per un tempo non superiore ai due-tre secondi. Ci si deve guardare negli occhi, sorridendo in modo spontaneo e con una forma di saluto o presentazione consona alla situazione.
Banale? Non la pensano così i vertici inglesi della Chevrolet, che hanno inserito il corso sulla corretta stretta di mano nel programma formativo della propria forza vendita e che hanno sovvenzionato lo studio di Beattie (più per farsi pubblicità che per vero amore della scienza).
«La stretta di mano non è solo una forma di saluto rituale, ma anche un modo per concludere gli affari: è importante che il nostro staff sia capace di farlo nel modo migliore per trasmettere fiducia e rassicurazione ai clienti».

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15 aprile 2015 3 15 /04 /aprile /2015 08:44
Come riciclare i pneumatici usati

Ogni anno in Italia si dismettono 300 mila tonnellate di pneumatici. Una quantità enorme, che dal 2003 non può più essere smaltita in discarica. Che farne dunque? In gran parte questi pneumatici vengono bruciati negli inceneritori, ma si tratta di una soluzione di ripiego, non solo perché distrugge un materiale che potrebbe essere sfruttato in altro modo, ma anche perché produce una gran quantità di emissioni inquinanti.

Per queste ragioni, due anni fa, il Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e del Territorio dell'Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con alcune aziende del settore della gomma, hanno dato vita al progetto POLAGO con l'obbiettivo di sviluppare nuove metodologie per l'impiego degli pneumatici fuori uso (PFU).
La Prof.ssa Marina Camatini, Direttrice del Centro di Ricerca POLARIS (POLveri in Ambiente e Rischio per la Salute) ha coordinato la ricerca, che si è concentrata sullo sviluppo di additivi da aggiungere alla granella ottenuta triturando gli pneumatici, in modo da conferirle opportune proprietà superficiali che la rendano più facilmente miscibile con altri materiali, e che in presenza di usura ne riduca il rilascio in ambiente (il lento consumo degli pneumatici sulle strade contribuisce con una quota significativa al ben noto inquinamento da micro-polveri)

La granella e il polverino di pneumatici sono utilizzati in diverse applicazioni: si va dai pannelli insonorizzanti all'isolamento termico; dai campi da calcio alle piste di atletica fino alle barriere stradali. Tuttavia l'applicazione più massiccia di questa "materia prima seconda" consiste nella possibilità di aggiungerla al mix di materiali (ghiaia, catrame, bitume ecc.) con cui si producono gli asfalti stradali. Il risultato è un particolare asfalto detto asfalto gommato che ha diversi vantaggi. Oltre a consentire di togliere di mezzo gli pneumatici usati riducendo il consumo di bitume, infatti, gli asfalti gommati sono più elastici e quindi più duraturi (per esempio risentono meno delle escursioni termiche) e riducono notevolmente lo spazio di frenata delle vetture.

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  • : Blog di lalchimista
  • : Sono poeta,scrittore e saggista,esperto in tappetologia,quindi questo spazio sarà dedicato a queste mie passioni,chi ama la paesia o i tappeti orientali troverà tanti consigli utili e la consulenza gratuita per i vostri tappeti perchè sono convinto che chi è in possesso di conoscenze tecnico-scientifiche le deve mettere a disposizione di tutti,altrimenti è come se non fossi mai vissuto una volta morto. Sono reperibile su flyngcarpet@hotmail.it
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