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15 giugno 2015 1 15 /06 /giugno /2015 17:44
I nuovi pneumatici saranno ricavati da scarti di riso, innovativi e degradabili.

I nuovi pneumatici saranno ricavati da scarti di riso, innovativi e degradabili.

Pneumatici dalla silice derivata dalla cenere di lolla di riso. Il colosso Goodyear ha raggiunto un accordo con l'azienda cinese Yihai Food and Oil che prevede la fornitura di cenere di lolla di riso, scarto difficile da smaltire, che verrà utilizzato per produrre pneumatici in grado di ridurre drasticamente il consumo di carburante. La materia prima sostenibile, che per esser lavorata richiede una minore quantità di energia, sarà utilizzata presso lo stabilimento di Pulandian e gli pneumatici prodotti saranno destinati inizialmente al solo mercato cinese.

Con nuovo pneumatico l'auto consuma di meno - L'azienda ha già testato la silice derivata dalla cenere della lolla di riso e gli esperti confermano che le prestazioni dei pneumatici è paragonabile a quella degli equivalenti ottenuti con materie tradizionali. "Questa nuova silice presenta numerosi vantaggi ambientali - evidenzia Richard J. Kramer, presidente e Ceo di Goodyear - riduce la quantità di scarti da smaltire in discarica, richiede una minore quantità di energia per la sua produzione e contribuisce a rendere i pneumatici più efficienti dal punto di vista dei consumi".

Così si risolverà il problema degli scarti del riso - Secondo la FAO, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, ogni anno in tutto il mondo si raccolgono più di 700 milioni di tonnellate di riso e lo smaltimento della lolla di riso rappresenta una grande sfida ambientale. Di conseguenza, spesso la lolla viene bruciata per generare elettricità e ridurre la quantità di residui inviati in discarica. La cenere della lolla di riso viene trasformata in silice da anni, ma solo i processi più recenti hanno permesso di creare una silice con una qualità sufficientemente alta da essere impiegata nei pneumatici.

La nuova silice riduce la resistenza al rotolamento - La silice viene usata come agente di rinforzo nelle mescole del battistrada: rispetto al nerofumo, agente di rinforzo tradizionale usato nei pneumatici, la silice riduce la resistenza al rotolamento, quindi i consumi di carburante, e può avere un impatto positivo sull'aderenza del pneumatico sul bagnato

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15 gennaio 2015 4 15 /01 /gennaio /2015 11:54

L'informatica suscita sempre un po' di timore e spontaneamente ci viene da pensare che sia un argomento per esperti o, al limite, per appassionati. Invece questa volta non è così, anzi, vorrei rivolgermi soprattutto ai neofiti o agli utilizzatori con poca o nessuna conoscenza informatica. Per questo motivo userò un linguaggio comprensibile a chiunque per parlare di un argomento interessante, i cui significati vanno ben oltre l'informatica stessa. Quindi se siete interessati a capire come evitare la dipendenza informatica (vendor lock-in), come risparmiare molti soldi, come essere i padroni del vostro computer, come indirizzare i vostri figli verso un'attività affascinante e potenzialmente redditizia, continuate la lettura. Se non avete mai usato un computer e non avete alcuna intenzione di farlo, nemmeno in futuro, e lo stesso vale per i vostri familiari, allora vi consiglio di passare al prossimo articolo.

Faccio una piccola e semplice introduzione. Quasi tutti sappiamo che ogni computer è costituito da varie componenti, dette anche hardware: unità di calcolo, monitor, mouse, tastiera, stampante, scanner, modem, ecc. Infatti questo termine inglese rappresenta tutto ciò che potete prendere a calci, mentre il software è qualcosa di non fisico, una serie di istruzioni che fanno funzionare il nostro hardware, e quindi non possiamo fare null'altro che imprecare nel caso qualcosa non vada per il verso giusto.
E come funziona un computer? In parole povere, e molto schematicamente, diciamo che l'unità di calcolo è composta da memoria Ram, processore, interfacce di collegamento audio, video, rete, ecc., tutti collocati sulla scheda madre che fa da sostegno e collegamento. Oltre a questo, descritto in modo molto approssimativo, c'è anche la memoria di massa, detta anche disco fisso, che ha il compito di contenere tutti i dati del nostro calcolatore. La scheda madre ospita anche un chip, detto Bios, che contiene delle informazioni necessarie per far partire il computer appena acceso. Infatti il computer non potrebbe sapere che cosa contiene se non ci fosse questo fondamentale componente. Una volta avviato, il Bios troverà il disco fisso, il quale, a sua volta, contiene ulteriori istruzioni per avviare il sistema operativo. Ma anche qui c'è un passaggio intermedio: per primo parte il cosiddetto kernel, il cuore del sistema operativo, che riconosce le periferiche come stampante, scheda video, mouse, ecc. A questo punto inizia a caricarsi il sistema operativo che ci darà un ambiente essenziale e al quale potremo aggiungere tutti i programmi necessari allo svolgimento della nostra attività.
Abbiamo visto che il nostro computer consiste in una parte solida, hardware, e in una parte di istruzioni, software, che lo governa. Sappiamo che i computer sono molto diversi tra di loro e che si possono configurare a seconda delle nostre necessità. Il problema è che la maggior parte delle persone crede che Microsoft Windows faccia parte del loro computer, credono che Windows significhi computer. Questo equivoco è del tutto strumentale e volto a farci comprare, compreso nel prezzo del computer, un sistema operativo di cui forse non abbiamo bisogno. In realtà i sistemi operativi sono molti ed è possibile scegliere quello che più ci piace, o che più corrisponde ai nostri bisogni. Ciò nonostante ci viene proposto l'acquisto di hardware e software, come se fosse una cosa sola e, salvo rarissimi casi, non ci permettono di rinunciare all'acquisto del software. Già questo rappresenta una violazione dei nostri diritti, tutta a favore dell'azienda prima menzionata. Ma purtroppo, questo è solo il primo passo: c'è dell'altro.
Il sistema operativo forzatamente acquistato, e spesso anche altro software in prova – che dopo qualche mese ci chiederà di acquistare una licenza di uso, altrimenti smette di funzionare – ormai è installato e si trova nel calcolatore. Il fatto è che questo software, anche se regolarmente acquistato, non è nostro. Abbiamo, in verità, comprato solo una licenza d'uso che, molto spesso, è addirittura legata al computer in possesso. Infatti, sarebbe illegale anche solo installarlo di nuovo in un altro computer, nel caso il primo si rompesse. Sembra assurdo, ma è proprio così.
Il software che ci è stato venduto, facendoci credere che fa parte del computer, è il cosiddetto software proprietario a sorgente chiusa. Cosa significa questo? In poche parole, la realizzazione di ogni software viene fatta scrivendo una serie di istruzioni, dette codice sorgente, che diventano il nostro software, programma, tramite un'operazione chiamata compilazione. Una volta compilato il codice sorgente, non possiamo più effettuare alcuna modifica, e nemmeno sapere che cosa di preciso fa quel programma. È possibile che faccia solo ed esclusivamente quello che a noi serve, ma è altrettanto possibile che faccia delle operazioni che non ci piacerebbero molto. Per esempio, potrebbe indagare su che cosa scarichiamo da Internet, se abbiamo o no una licenza d'uso, che preferenze abbiamo nella frequentazione delle pagine internet, che tipo di software usiamo di solito, insomma potrebbe trasmettere dati sensibili a soggetti terzi.

È risaputo che alcuni programmi commerciali, per esempio, contengono anche dei giochi nascosti che si possono richiamare con una combinazione di tasti. Quindi, a nostra insaputa, qualcuno si è divertito a “regalarci” un gioco celato, magari in un programma di calcolo. Fatto forse nobile ma certamente non da noi voluto. Tutto ciò è possibile, appunto, perché acquistiamo il software proprietario a codice chiuso.
L'alternativa si chiama software libero, in inglese free software, che offre uno scenario opposto. Tutto il software rilasciato sotto questo tipo di licenza è, quasi sempre, gratuito e accompagnato dal suo codice sorgente. Proprio la presenza del codice sorgente garantisce la trasparenza nel funzionamento del programma e, soprattutto, ci permette, tecnicamente e legalmente, di effettuare qualsiasi modifica, a patto che il softwarecambiato venga distribuito alle stesse condizioni.
Il software, per potersi definire software libero, deve rispettare le 4 libertà:
• Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0).
• Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità (libertà 1). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
• Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo (libertà 2).
• Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti da voi apportati (e le vostre versioni modificate in genere), in modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio (libertà 3). L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
(Fonte http://gnu.it/)
Alcuni di voi avranno anche sentito parlare del software“open source” (sorgente aperta) e spesso si fa confusione con ilsoftware libero. La differenza è molto semplice: il fatto che un programma sia “open source”, cioè che il suo codice sorgente sia rilasciato, non significa che rispetti le 4 libertà. Quindi io potrei rilasciare il mio codice sorgente ma con la licenza di poterlo solo studiare e nulla di più.
Ma perché uno dovrebbe scegliere il software libero? Le ragioni sono molteplici:
• Il risparmio, visto che questo tipo di software è quasi sempre gratuito;
• Il controllo del proprio computer: voglio essere certo che il mio computer faccia solo ed esclusivamente ciò che gli dico io, e se non sono in grado di capire cosa fa il software, posso chiamare un esperto a controllare per conto mio;
• Voglia di far parte di una comunità che ama condividere e diffondere la conoscenza in forma di supporto tecnico e/o altro;
• Poter studiare i programmi esistenti per scopi didattici, professionali, ecc.;
• La possibilità di adattare i programmi ai propri particolari bisogni;
• Poter regalare il software ai propri amici, o poter installare più copie dello stesso softwarein una azienda senza infrangere alcuna legge;
• Avere a disposizione decine di migliaia di programmi, in ogni ambito, pronti all'installazione.
Ora vorrei tradurre in pratica l'importanza del software libero.
A livello di uso personale si possono ridurre sensibilmente le spese nell'acquisto del computer. Una volta per sempre basta con l'acquisto delle costose licenze e degli aggiornamenti. Con il software libero è possibile fare in modo che il mio computer si aggiorni gratuitamente e automaticamente.
Pensate ai risparmi nell'ambito scolastico e alle opportunità che si aprono agli allievi. Non sarebbero più passivi utilizzatori, ma potrebbero diventare protagonisti, potendo studiare, modificare e migliorare il software in loro possesso.
Si capisce facilmente che non siamo più nelle mani della solita multinazionale del software, ma possiamo formare, anche a livello locale, delle professionalità che saranno impiegate nelle soluzioni informatiche. Purtroppo, attualmente, nella stragrande maggioranza dei casi le scuole agiscono da promotori del software proprietario, inducendo le famiglie a sborsare dei soldi che non è necessario spendere. Con il software libero le scuole potrebbero, legalmente e gratuitamente, distribuire tutto il software usato nell’ambito scolastico.
Parlando di sicurezza e di controllo dei nostri computer, è facile pensare ai benefici che ricaverebbe la pubblica amministrazione nella gestione di dati sensibili. Inoltre, come nell’ambito scolastico, si potrebbero creare delle applicazioni personalizzate favorendo l'economia locale e nazionale.
L'educazione alla cooperazione, fondamento principale del software libero, avrebbe un impatto ancora più ampio in una società sempre più egoista e individualista. È importante capire che anche il lavoro prestato gratuitamente può, in realtà, creare profitto.
Infatti, sono convinto che molti di voi si siano chiesti com'è possibile che il software venga regalato. Dov'è il trucco? Il trucco non c'è, e la logica è molto semplice. Nel mondo esistono delle aziende che fatturano anche milioni di euro vendendo le soluzioni basate sul software libero, perché il software libero può essere venduto; anche questa è una libertà. Poi vi sono moltissime piccole aziende, così come liberi professionisti, che offrono soluzioni aziendali basate sul software libero. Tutti loro, chi più e chi meno, sviluppano ilsoftware libero senza chiedere un compenso direttamente, anche se in realtà questo lavoro è molto costoso in termini di tempo e di risorse. Il guadagno consiste nella fornitura delle soluzioni aziendali, nelle personalizzazioni, nella manutenzione, ecc. Il beneficio di questo complesso meccanismo si riversa sull'utente privato, o sulle aziende che non necessitano di servizi particolari, sotto forma del software gratuito.
Il sistema operativo più diffuso, basato sul software libero, si chiama GNU/Linux ed è disponibile in moltissime distribuzioni, ossia personalizzazioni della configurazione, a seconda delle necessità e delle preferenze informatiche.
Però il software libero, ovvero i vari programmi liberi, esiste anche nell'ambiente MS Windows e il passaggio potrebbe essere graduale. Potremmo iniziare a usare i programmi liberi con Windows e poi, una volta che ci siamo convinti, passare in modo piuttosto indolore al Linux, considerato che troveremmo gli stessi programmi ai quali ci siamo già abituati. Inoltre, è possibile provare Linux senza installare nulla sul proprio computer. Si scarica da Internet il file (di solito sui 700MB) da masterizzare, o si compra in edicola un CD o DVD contenente una distribuzione Linux, la cosiddetta “Live”. Una volta inserita nell'apposito lettore si avvia automaticamente, facendoci toccare con mano questa meraviglia dell'ingegno umano, senza apportare alcuna modifica al nostro computer. Quando avrete verificato che il vostro computer funziona perfettamente potete installare Linux al fianco del vostro Windows. All'avvio scegliete se usare uno o l'altro. Tenete presente che Linux funziona molto più lentamente quando è eseguito dal CD o DVD [è possibile farlo anche da supporto USB (pendrive): Wubi, ad esempio, permette l'installazione e l'utilizzo di Ubuntu (la distribuzione più usata di Linux) come una semplice applicazione, ndr].
In conclusione, vi segnalo alcuni utili siti Internet per approfondire l'argomento e per scaricare il vostro prossimo sistema operativo.

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9 gennaio 2015 5 09 /01 /gennaio /2015 17:27

Nel tardo pomeriggio di ieri si sono susseguite importanti notizie sul fronte del Canone Rai nella bolletta elettrica. Tuttavia, proprio quando tutto sembrava fatto, è arrivato il dietrofront di Palazzo Chigi. I tempi sono troppo stretti: improbabile che il Canone Rai possa slittare nella bolletta elettrica già dal gennaio 2015. E si attendono nuove notizie.

LE PAROLE DI GIACOMELLI – “Il Canone Rai sarà nella bolletta elettrica”. Parola di Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico; dichiarazioni importanti, “rassicuranti”, che lasciano trapelare una certo grado di certezza sull’ipotesi in questione.

– Garanzie che crollano di fronte alle voci che arrivano da Palazzo Chigi; fonti che indicano tempi troppo stretti per inserire la misura nella Legge di Stabilità di quest’anno e che fanno slittare l’idea di avere la tassa più odiata dagli italiani nella bolletta elettrica già dal prossimo gennaio.

L’OBIETTIVO: RECUPERARE L’EVASIONE – Veicolare il Canone Rai nella bolletta elettrica ha un solo grande obiettivo: ridurre l’evasione fiscale. Lo ha spiegato, sempre nel pomeriggio di ieri, lo stesso Giacomelli.

– “La scelta vera – ha dichiarato Giacomelli – è che, d’accordo con Rai, la nostra intenzione è di non trasferire alla Rai in aggiunta al gettito attuale l’evasione recuperata ma abbiamo deciso di restituirla interamente ai cittadini, abbassando fortemente il canone”.

– Una strategia che, qualora fosse realizzata, consentirebbe di garantire un elevato risparmio per i cittadini, che si troverebbero a pagare 60-65 euro per il Canone anziché i 113,50 euro pagati nel 2014.

LA NUOVA CONCEZIONE DI CANONE – Stop, dunque, a quella norma ormai anacronistica in base alla quale il Canone Rai debba essere pagato solo da chi possiede un televisore, e conseguente riformulazione della stessa, rivolta ora a chiunque possieda un contratto di fornitura elettrica.

– “La norma attuale – spiega ancora Giacomelli – prevede la tassa in base al possesso del televisore, ed è una norma anacronistica. Se (il canone, ndr) rimanesse legato a quel concetto, dovrei dire ‘il possesso di un apparecchio televisivo, oppure di un pc, oppure di un tablet, oppure di uno smartphone, oppure di ogni altro device atto a ricevere il segnale”.

– “Vuol dire – ha continuato Giacomelli – fare una norma con prescrizioni molto ampie e molto dure, ma sostanzialmente inapplicabile. In altre parole prendere in giro e continuare a consentire l’evasione. Quindi noi identifichiamo l’elemento unificante, che è l’alimentazione dei diversi device e, quindi, il contratto di fornitura elettrica”.

PRESTO I NUOVI AGGIORNAMENTI – Che la riforma del Canone Rai sia inserita nella Legge di Stabilità sembra un’ipotesi alquanto complessa. Più facile che la questione venga risolta con un decreto legge.

– Tale la soluzione ora al vaglio del Mef, che sta valutando la fattibilità dell’intervento, tenendo anche conto dei costi e delle tempistiche di aggiornamento dei software delle aziende fornitrici di energia elettrica.

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29 dicembre 2014 1 29 /12 /dicembre /2014 12:14


Da Torino la banda larga è stata "presa" e spedita fino a Verrua con delle antenne wireless a basso costo sviluppate appositamente per aggirare le colline e far arrivare un segnale potente. Nel comune, esteso su oltre trenta chilometri quadrati, la tradizionale rete via cavo era appannaggio di pochi fortunati e ancora oggi fuori dalla città il segnale non sempre arriva bene. Importanti i numeri del progetto: da un nucleo di 70 famiglie si è arrivati a servire con il nuovo sistema wi-fi circa 260 case su un totale di 630. Si tratta di numeri importanti se si considera che nel comune metà della popolazione è over 70. “Il fatto che io fossi originario del comune di Verrua Savoia ci ha sicuramente agevolato, ci ha fatto evitare una serie di diffidenze che avrebbero potuto crearsi”, spiega Daniele Trinchero, l'ideatore del progetto che nel suo curriculum può vantare il record di trasmissione radio a distanza.

Non si è trattato però solo di un esperimento tecnico. C’è stato qualcosa di più. Tra i ricercatori e gli abitanti si è creato un proficuo rapporto di collaborazione che ha trasformato l’esperimento scientifico in un progetto comunitario e condiviso: “Abbiamo sempre comunicato ogni variazione o interruzione di servizio, il nostro obiettivo è sempre stato quello di portare internet in un’ottica partecipativa. Si è creata una comunità intorno alla condivisione di questo servizio”, spiega ancora Trinchero. Tuttavia anche le cose belle e funzionanti hanno una fine. La sperimentazione, della durata di 52 mesi (quando la media per questo tipo di attività è di 6-12 mesi in Italia) sta per terminare e si avvia a concludersi il 31 dicembre 2014.

Ma Trinchero e gli abitanti di Verrua Savoia hanno deciso di non disperdere quanto costruito in questi anni. E il 28 novembre annunceranno, nello splendido scenario della Fortezza della cittadina, una piccola ‘rivoluzione’: la nascita di un gestore di rete costituito dai cittadini (29 i soci fondatori) tramite l’associazione di promozione sociale “Senza Fili, senza Confini”, che proseguirà l’attività avviata da Trinchero e dal Politecnico di Torino negli anni scorsi. L’associazione, la prima in Italia a trasformarsi in un operatore di rete, è già iscritta al registro degli operatori di telecomunicazione e al Consorzio Top-Ix (che riunisce gli operatori internet piemontesi) e avrà un mandato particolare: non potrà fare business. Il suo unico scopo sarà quello di portare internet gratuitamente su tutto il territorio di Verrua Savoia. Ogni iscritto verserà una quota di 50 euro annui. Con il denaro raccolto si acquisterà la banda larga (gratuita durante la sperimentazione) da un operatore e con gli strumenti del Politecnico di Torino e del laboratorio di Trinchero i cittadini continueranno ad usufruire di internet a 20 megabit nelle loro case senza altri costi aggiuntivi. La copertura è pressoché totale: 98% del territorio e 97% delle famiglie.

Tuttavia non si tratta di una crociata contro gli operatori del settore, che del resto non avrebbero alcuna convenienza economica a portare un servizio con determinate prestazioni su un territorio rurale come quello di Verrua: “Non c’è concorrenza con gli operatori perché l’associazione deve comunque acquistare da loro una banda – spiega Trinchero - E’ chiaro che le condizioni di acquisto sono molto più favorevoli perché l’acquisto lo fa una comunità e non dei singoli cittadini. L’operatore è rasserenato dal fatto che non ha costi operativi perché è l’associazione ad occuparsi di distribuire la banda ai propri associati". Anche il Ministero dello Sviluppo non si è messo di traverso. Naturalmente, per evitare ogni polemica, l’attività di questo ‘particolare’ operatore sarà improntata alla massima trasparenza: nessuna carica sociale dell’associazione potrà essere retribuita, non potranno esserci avanzi di cassa (il denaro avanzato sarà destinato a borse di studio) e inoltre tutta la contabilità sarà visionabile online da chiunque.

Importante anche il ruolo del Politecnico di Torino, con il quale l’associazione è convenzionata. Un rapporto che permetterà di devolvere all’università denaro da tramutare in borse di studio per studenti interessati a studiare le applicazioni wireless e per finanziare la ricerca nell’ambito del digital divide. Il progetto, per ora confinato nel piccolo comune del Monferrato, sarà un modello replicabile ovunque, un vero e proprio ‘metodo di lavoro’ messo a disposizione di chiunque. E non sono poche le realtà italiane che potrebbero guardare con grande interesse all’iniziativa.


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  • : Blog di lalchimista
  • : Sono poeta,scrittore e saggista,esperto in tappetologia,quindi questo spazio sarà dedicato a queste mie passioni,chi ama la paesia o i tappeti orientali troverà tanti consigli utili e la consulenza gratuita per i vostri tappeti perchè sono convinto che chi è in possesso di conoscenze tecnico-scientifiche le deve mettere a disposizione di tutti,altrimenti è come se non fossi mai vissuto una volta morto. Sono reperibile su flyngcarpet@hotmail.it
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