Di giorno sono visitate dagli amanti dell’alta montagna, che le scelgono per escursioni in estate e lunghe sciate in inverno; la sera si colorano di rosa per l’affascinante fenomeno detto “enrosadira”, che pare avere origini leggendarie.
Le storie mitiche sono infatti tra le principali protagoniste di queste cime, e ancora oggi il popolo delle Dolomiti le ama raccontare: è sulCatinaccio (in tedesco Rosengarten, ovvero Giardino delle rose) che si narra vivesse il potente re Laurino, così amante delle rose da coltivare con passione un giardino ad esse dedicato.
Innamoratosi della principessa Similda, ma osteggiato dalla di lei famiglia, si vendicò dell’arresto ad opera del fratello facendo un incantesimo: nessuno avrebbe più potuto godere della vista delle rose né di giorno, né di notte.
Si dimenticò però del tramonto, ed ecco perché al calar del sole il Catinaccio si colora delle tinte di quegli splendidi fiori. Un’altra leggenda narra di un mago che, innamorato di una sirena del Lago di Carezza, riempì di pietre preziose un arcobaleno tra il Catinaccio ed il Latemar per conquistarla. Lei ammirò le lucenti gemme, ma quando si accorse della presenza del mago scomparve nel lago. Lui gettò allora l’arcobaleno nel lago, che ancora oggi risplende con i suoi fantastici colori.
E all’origine della definizione di “monti pallidi” c’è un’altra mitica storia. Il figlio di un re aveva come sogno quello di andare sulla luna. Un giorno si perse nel bosco e decise di passarvi la notte, sognando una bellissima ragazza che gli disse di essere la figlia del re della Luna. Al risveglio, deluso, cominciò a seguire delle voci che provenivano da una rupe; arrampicandosi, trovò una porta e due vecchietti lo accolsero dicendo che avrebbero potuto accompagnarlo sulla luna, aggiungendo però che la sua luce avrebbe potuto farlo diventare cieco. Il principe salì e trovò la ragazza del sogno; stette con lei a lungo, ma gli occhi cominciarono a bruciare e perciò decise di tornare portandola con sé. Lei diffuse sulla terra i fiori del suo mondo, che vennero chiamati “stelle alpine”, ma a breve sentì il bisogno di tornare sulla luna per la troppa nostalgia. Il principe, disperato, andò ad abitare sui monti per esserle più vicino e un giorno incontrò il re Laurino, sovrano dei nani Salvani, che gli promise di aiutarlo a patto che il principe lasciasse vivere sulle montagne il suo popolo. Il patto fu stretto, e i piccoli abitanti cominciarono a filare i raggi della luna, fino a tessere l’intera montagna. Tutto fu meravigliosamente bianco, la principessa tornò dall’amato e le montagne presero il nome di “monti pallidi”.
La loro nascita pare risalire a 200 milioni di anni fa, quando cominciarono ad ergersi dal mare di Teti, maestose e bizzarre per forma, colore e composizione. Fu il geologo Deodat de Dolomieu a scoprire nel 1791 il perché del loro “pallore” (e ad avere l’onore di dar loro il proprio nome): il carbonato doppio di calcio e magnesio di cui è formata la loro roccia (da quel momento chiamata, appunto, “dolomia”) le rende più chiare dei monti vicini.
Altri scienziati nei secoli scorsi si sono occupati di queste cime, seguiti da esperti scalatori desiderosi di conquistarle (i viennesi Paul Grohmann e Emil Zsigmondy su tutti), ma è soprattutto dopo i film del regista gardenese Luis Trenker che nel XX secolo la loro fama ha raggiunto il mondo intero.
Tra le Dolomiti sono stati girati vari film, tra cui Dracula di Roman Polanski (1967),L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci (1987), James Bond – Solo per i tuoi occhi (1981), Cliffhanger con Silvester Stallone (1993), The italian job (2003) e la serie tv Un passo dal cielo con Terence Hill (2010).