Sono poeta,scrittore e saggista,esperto in tappetologia,quindi questo spazio sarà dedicato a queste mie passioni,chi ama la paesia o i tappeti orientali troverà tanti consigli utili e la consulenza gratuita per i vostri tappeti perchè sono convinto che chi è in possesso di conoscenze tecnico-scientifiche le deve mettere a disposizione di tutti,altrimenti è come se non fossi mai vissuto una volta morto. Sono reperibile su flyngcarpet@hotmail.it
Il naufrago Alexander Selkirk, marinaio scozzese che ispirò nel 1719 Daniel Defoe per il suo Robinson Crusoe, vi fu abbandonato per punizione: imbarcato a 27 anni su una nave corsara, per evitare il carcere in patria, seguitava a dire che l'imbarcazione (troppo malandata) sarebbe affondata. E così fu, ma dopo che Selkirk fu lasciato sull'isola disabitata (dal 1704 al 1709). Da solo, nella realtà senza nemmeno l'indigeno Venerdì che Defoe gli ha inventato come compagno. Non è leggenda quel Robinson e nell'isola troviamo anche la sua grotta, nella baia degli Inglesi. «Eccola», i pescatori la indicano mentre ci portano al porto di Cumberland, dove è il paese e dove ogni tanto uno tsunami si abbatte (l'ultimo nel febbraio 2010: sette morti). A gennaio e febbraio è estate, massimo 22 gradi (10 di inverno). Fresco, ma raggi solari brucianti. L'isola è una striscia di terra a forma di virgola, lunga una ventina di chilometri, 6 chilometri l'ampiezza massima. Vulcanica e posizionata sulla placca di Nazca, dove qualche volta colonne di acqua calda sbuffano dal mare. Durante il tragitto in barca i nostri traghettatori pescano all'amo. Due-tre vetriole, piccoli tonni. Ottimi crudi, marinati per 30 minuti nel limone: è il primo pasto isolano nel Lodge Robinson Crusoe che ci ospita. Ricetta dello «chef» Pia.
Un patrimonio della biosfera
Ancora in mare: un gruppo di curiosi delfini si avvicina, un cormorano si tuffa e riemerge con la preda, pesci volanti sbucano dall'acqua quanto basta per una foto. «D'inverno si vedono anche le balene», dicono i pescatori. Passiamo sotto al monte più alto dell'isola (915 metri). Le montagne, verdi in altura, scendono a precipizio. Le coste brulle e desolate. Al centro dell'isola, un'ampia valle di foresta sempreverde sub-artica. Niente mezze vie: alberi grandiosi e palme nane, felci di inusuale grandezza e colibrì poco più grossi di un calabrone. In mare, tante grotte accessibili solo con la bassa marea. Ecco il porto, le razze (reti) per le aragoste (langoste) delimitate da boe. Il paese. Siamo a 700 chilometri dalle coste cilene meridionali. Nel cuore dell'isola di Robinson. Parco nazionale dal 1935. Patrimonio dell'umanità dal 1977, area dall'Unesco per la salvaguardia mondiale della biosfera. Rigidamente protette flora e fauna, terrestre e marina. Così si sono salvati i «lobi» (lupi), foche selvaggiamente cacciate per il pelo tra il 1788 e il 1809: oltre 5 milioni di esemplari uccisi fino alla decretata estinzione. Poi, nel 1958, ne fu avvistata una coppia in una grotta. Oggi i lupi sono tornati 15 mila.
L'affondamento del Dresden
In mare, davanti al porto, c'è il relitto dell'incrociatore tedesco Dresden (Dresda) autoaffondatosi lì il 14 marzo 1915, circondato da navi nemiche inglesi. A Veracruz, in Messico, il Dresda era arrivato nove mesi prima: c'era la rivoluzione di Pancho Villa, deve portare via il presidente deposto Victoriano Huerta, i cittadini tedeschi e i loro beni. Oro, gioielli e soldi. Sbarca in Giamaica l'esiliato Huerta e si appresta a rientrare. Scoppia la prima Guerra mondiale (agosto 1914), la battaglia delle Falkland, il Dresda è braccato nel Pacifico meridionale fino all'autoaffondamento. Il tesoro che trasportava? Mai ritrovato. Ma a San Juan Bautista - un centinaio di casette, quasi tutte in legno, senza fondamenta ma poggiate su palafitte alte mezzo metro - incontriamo Maria Teresa Beeche, la proprietaria della taverna-pensione Daniel Defoe. Lei cerca il tesoro più importante. Il suocero, un medico cileno, le ha lasciato in eredità una pergamena in inglese arcaico trovata in uno scrigno sepolto. Si parla del tesoro del Viceré delle Indie. Ci ha creduto Bernard Keiser, imprenditore americano: nel 1998 ha investito 10 milioni di dollari per trovare il tesoro degli Incas: 800 sacchi d'oro, forzieri di gioielli e pietre preziose, casse d'argento, il prezioso collare della moglie di Atahualpa (tredicesimo e ultimo imperatore Inca) e una Rosa dei Venti in oro massiccio. Lo ha nascosto Juan de Ubilla y Echeverria, corsaro spagnolo al servizio degli Asburgo che aveva saccheggiato il mercantile «Nuestra Senora del Monte Carmelo» mentre trasportava il tesoro da Veracruz verso Siviglia. Keiser non ha trovato nulla.
Le bacche «magiche»
A caccia di tesori non si accorse delle bacche di maqui, l'elisir di lunga vita. Nell'ultimo libro (2013, Sperling & Kupfer) di Barry Sears, presidente dell' Inflammation Research Foundation di Boston, ne è descritto il potere. Capitolo 7: «Per rallentare il processo di invecchiamento è fondamentale aumentare l'attività dell'enzima della vita. A questo riguardo si può considerare eccezionale un particolare gruppo di polifenoli: le delfinidine. Si trovano soprattutto nelle bacche di maqui che crescono spontaneamente sulle isole del remoto arcipelago Juan Fernández. O in Patagonia, nel Sud del Cile». È 40 volte più potente degli altri polifenoli. Il maqui è pianta sacra per gli indigeni del Cile meridionale (i Mapuche, o uomini della terra), mai sconfitti con le armi da nessuno. Leggendaria la loro robustezza: alti in media un metro e 85, le loro orme sulla spiaggia furono scambiate per quelle di giganti dall'italiano Antonio Pigafetta che fece, dal 1519 al 1522, il primo giro della Terra. Mangiavano maqui e carne di nandù, uno struzzo selvatico. Uno sciamano Mapuche ci spiega: «Il nostro popolo vive in Patagonia da 30 mila anni, il maqui c'era prima di noi». È la pianta di Dio.