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24 aprile 2015 5 24 /04 /aprile /2015 18:07
TUTTO QUELLO CHE NON SAPPIAMO SULL'OLIO

Dicono che nel mondo cosiddetto evoluto, si spenda più per dimagrire che per mangiare. Ecco perché promette di suscitare interesse il risultato di una ricerca del dipartimento di Agraria dell’Università di Portici, che evidenzia straordinarie virtù dell’olio extravergine di oliva di alta qualità in relazione al senso di sazietà. La sintesi? Consumare extravergine crudo aumenta il senso di sazietà. Dunque, facendo precedere i pasti dall’assunzione di olio con forte aroma si può diminuire la quantità di cibo che si assumerebbe altrimenti. Meno appetito, meno cibo, più salute.

I ricercatori correlano il potere saziante dell’extravergine al suo aroma fruttato ed erbaceo e ne deducono che impiegare extravergine di alta qualità al posto di oli privi di odore, magari riappropriandosi della lentezza mediterranea nel mangiare, potrebbe aiutare la prevenzione e la cura dell’obesità. Nuovi orizzonti medici rafforzano il valore dell’olio extravergine, qualità sensoriale e nutrizionale si fondono. Lo afferma un team di giovani scienziati di Napoli.

Le proprietà dell’olio d’oliva in termini di riduzione della fame erano già note grazie a precedenti studi, tra i quali la scoperta - pubblicata nel 2008 su «Cell Metabolism» da Daniele Piomelli della University of California - che i grassi insaturi (come quelli presenti in olio d’oliva, avocado e noci) stimolano l’intestino a produrre una molecola che sopprime la fame. Il primo tratto dell’intestino tenue produce un «messaggero» chimico - l’Oleiletanolammide (Oea) - che, se somministrato come farmaco, riduce l’appetito, abbassa il livelli di colesterolo nel sangue e provoca la perdita di perso. Ed è soprattutto l’acido oleico, di cui è ricco l’extravergine, a essere convertito in Oea. Ora la novità viene dall’importanza dell’aroma.

Nelle sale affrescate della Reggia borbonica che ospita la storica Facoltà di Agraria di Portici (quella che nell’800 era la Regia Scuola Superiore di Agricoltura) il professor Raffaele Sacchi, docente di Industrie Agrarie, lavora con una piccola equipe di appassionati scienziati, che ha fatto dell’olio il proprio lavoro: Alessandro Genovese, Paola Vitaglione, Ilario Mennella, Antonello Paduano, Maria Savarese e Maria Luisa Ambrosino, illustrano le ipotesi cui stanno lavorando per spiegare la «magia» dell’olio nell’influenzare la percezione del cibo e nel prolungare la sazietà dopo il pasto. Una ricerca i cui risultati sono stati rivelati per la prima volta da Sacchi a Lucca, durante un incontro con i produttori olivicoli: «Pane e olio fruttato… per avere meno fame!». Se dimostrata, questa tesi potrebbe cambiare l’approccio del consumatore all’olio di qualità.

Il docente ne è convinto: «Le nostre ultime ricerche ci portano a confermare quanto già rilevato dai colleghi dell’Università di Monaco che associano il potere saziante dell’olio al suo aroma», spiega Raffaele Sacchi. Ma come accade che l’olio possa farci sentire più sazi? Lo studio del team di Sacchi, pubblicato su «Food and Function», dimostra che l’assunzione di olio extravergine di oliva (ma anche di un olio di girasole ad alto contenuto di acido oleico) «è in grado di aumentare i livelli di oleiletanolammide (molecola simile agli endocannabinoidi) nel sangue e di ridurre le quantità di cibo consumate ai pasti successivi».

«Contrariamente a quanto si pensa - spiega Paola Vitaglione -, i grassi, pur avendo un valore calorico superiore alle proteine ed ai carboidrati, sono riconosciuti come meno sazianti di questi. Quindi parlare di sazietà da grassi sembrerebbe una follia». Eppure non tutti i grassi e gli oli sono uguali e la loro diversa composizione determina numerose differenze sia livello fisiologico sia in termini di ricasco sulla salute: un conto è consumare olio di mais, un altro ingerire olio extravergine di qualità. Lo studio dei ricercatori di Portici era teso a «valutare se il consumo di extravergine potesse davvero determinare un aumento nel circolo ematico degli endocannabinoidi e di molecole simili, coinvolte sia nei meccanismi di ricompensa sia in quelli della fame e della sazietà».

«Sembra che – continua Vitaglione - sia proprio l’alta percentuale di oleiletanolammide nell’olio extravergine a scatenare una risposta saziante. Tuttavia ciò non toglie che qualche altro componente legato al gusto dell’olio extravergine abbia potuto rinforzare l’effetto post-postprandiale già durante il consumo». E’ stato dimostrato sperimentalmente da ricercatori dell’Università di Monaco, come uno yogurt a basso contenuto di grassi, a cui sono stati aggiunti i soli aromi di olio extravergine di oliva, simuli nel cervello, a livello dell’area percettiva, una sensazione di grasso che non si rileva affatto somministrando lo stesso yogurt senza aromi. Secondo gli scienziati, poi, «chi è sovrappeso percepisce gli aromi in modo diverso»

Nello studio entra anche la percezione del cibo. Perfino il detto «mangiare con gli occhi» ha un qualche fondamento scientifico: «Complessi eventi fisiologici sono coinvolti nella regolazione dell’assunzione di cibo e questi possono essere scatenati già solo dalla vista dell’alimento ancora prima di ingerirlo». È stato dimostrato che osservare del cibo per un certo lasso di tempo, induce il nostro cervello ad immaginare di assaggiarlo, «determinando una soddisfazione sensoriale ed una riduzione del desiderio di mangiarlo davvero quando disponibile». E insieme alla vista olfatto e gusto sono ampiamente coinvolti nel meccanismo di sazietà: «Si può quindi pensare di beneficiare di tali stimolazioni sensoriali, prima e durante il pasto, con il risultato potenziale che il cibo possa diventare più piacevole e saziante».

La naturale e straordinaria ricchezza aromatica dell’extravergine di oliva porta quindi ad ipotizzare un suo ruolo centrale nella ‘dieta mediterranea’, fondamentale per il benessere umano non solo per il contenuto di acido oleico ed antiossidanti, antinfiammatori e ipotensivi naturali (biofenoli, tocoferoli, oleocantale oleacine,) ma anche per la sua frazione aromatica. In sintesi, le complesse interazioni dell’aroma con il nostro sistema recettoriale possono influire sul senso di sazietà.Ma attenzione a non confondere l’aroma con il profumo.

«La percezione retronasale (aroma) dell’olio – spiega il dottor Alessandro Genovese - è diversa da quella ortonasale (odore) ed è influenzata dall’interazione con la saliva e dall’interazione tra aromi e biofenoli. Salivazione, dimensioni della bocca, respirazione e temperatura, sono fattori in grado di modificare la volatilità delle molecole aromatiche, prima che arrivino ai recettori olfattivi». Quindi, quando si usa l’extravergine su un’insalata caprese accade che «le molecole volatili (aldeidi) ed i composti biofenolici (seicoridoidi) interagiscono con le proteine del latte che ne smorzano le note pungenti ed amaro-piccanti». In pratica, i biofenoli amari dell’olio extravergine di oliva, «potendo interagire con alcuni componenti della saliva, possono poi modificare il delicato equilibrio che si viene a creare in bocca: nel caso di extravergine abbinato a formaggi, le ricerche dimostrano che le interazioni tra biofenoli e sieroproteine possono poi ulteriormente influire sul rilascio di aromi».

La sazietà - spiegano i ricercatori - potrebbe essere accelerata aumentando l’aroma retronasale, ossia masticando più a lungo e riducendo le dimensioni del boccone «in maniera tale da permettere una maggiore solubilizzazione del cibo ed una maggiore azione di enzimi lipolitici sui grassi alimentari, che porterebbe ad un aumento della concentrazione di acidi grassi liberi e aromi (C6) facendo, quindi, aumentare la percezione del grasso sia dal punto di vista olfattivo che gustativo». Impiegare extravergini di alta qualità al posto di oli privi di odore e riappropriarsi della lentezza mediterranea nel mangiare potrebbero essere, davvero, elementi da non trascurare nella prevenzione e nella cura dell’obe

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